Chi ha paura del 24 giugno?

Sabato scorso (21 giugno) sono stato per la prima volta con la mia famiglia alla “Notte delle Streghe“, una festa organizzata dal comune di San Giovanni in Marignano cavalcando l’onda emotiva della leggende sulla notte tra il 23 e il 24 giugno, notte in cui sono pure nato io. C’era veramente tanta gente, ho perso mezz’ora solo per cercare il parcheggio e l’unica cosa bella è stata vedere lo spettacolo di un grande artista che risponde al nome di Peter Weyel e ha fatto divertire tanto mio figlio.

Così poi martedì ho compiuto 32 anni e l’Italia è stata sbattuta fuori dal mondiale. Poi mi è venuto in mente che anche nel 2010 con la Slovacchia forse eravamo usciti il giorno del mio compleanno, e in effetti così è stato. Addirittura è comparso un articolo su Yahoo che parla di “maledizione del 24 giugno”: insomma, piove sul bagnato.

Ho passato tutta la mia giornata di festa lavorando dalla mattina alle 7 fino la sera alle 18, quando ho staccato tutto per vedere le gesta degli azzurri. I risultati sono arci-noti, e i motivi dati tanto innumerevoli quanto assurdi:

  • gli orari e il caldo (che hanno caratterizzato anche il mondiale di USA ’94 in cui siamo arrivati in finale)
  • l’arbitro (che non può essere incolpato del fatto che non siamo riusciti a tirare in porta)
  • Balotelli (che comunque ha segnato con l’Inghilterra e che è stato il fulcro del progetto tecnico dei quattro anni di Prandelli)
  • Prandelli (che comunque ci ha portati in finale all’Europeo)
  • il basso livello tecnico della Serie A (che non credo sia comunque inferiore a quello dei campionati costaricensi e uruguayani)
  • le lunghe trasferte (compensate da 6 e 4 giorni di riposo)
  • i giovani troppo giovani e gli esperti troppo duri con loro (De Rossi nel 2006 aveva 24 anni e si fece squalificare per 4 giornate, tornò regolarmente in campo per la finale).

Io credo però che il nocciolo della questione sia stato sviscerato da Carlton Myers:

 

Alla base della vittoria del 2006 c’è stata una mentalità operaia in cui le nostre stelle sono state Buffon e Cannavaro e in cui i gol sono stati segnati da 12 giocatori diversi. Fondamentale è stato l’apporto di giocatori come Camoranesi, Perrotta e Gattuso che hanno corso come matti, ma chiunque si faceva trovare pronto e si metteva al servizio della squadra.

Dopo la parentesi di Donadoni nel 2008, caratterizzato dalla brutta sconfitta con l’Olanda nel girone di qualificazione, si è tornati a puntare decisi su Lippi e tutti eravamo convinti (lui compreso) che ormai si fosse trovata la ricetta per vincere mondiali a raffica. Invece c’è stato il brusco risveglio con la Slovacchia, che ai mondiali debuttava.

OK, tolto di mezzo l’ormai presuntuoso Lippi si punta su Prandelli per rifondare tutto il calcio italiano. Arriva così il secondo posto all’Europeo, un risultato che derivava da una sconfitta per 4 a zero in finale con la Spagna, ma questo poco importava perché l’importante era stato battere la Germania e si sapeva che gli iberici erano invincibili.

Purtroppo nel frattempo era cambiato completamente il modello: dalla nazionale che dipinse di azzuro il cielo sopra Berlino in cui tutti giocavano per tutti si era passati ad una squadra in cui tutti giocavano per i presunti “fenomeni” ignorati da Lippi, Balotelli e Cassano.

Una volta battuti i maestri inglesi mettendo in pratica il gioco dell’Invincibile Armada calcistica, a sua volta naufragata nell’afa brasiliana con il conseguente godimento italico, ci siamo sentiti di nuovo il mondiale in tasca. Questo ha portato alla sconfitta con la Costa Rica. Successivamente la paura di essere eliminati “come 4 anni fa”, ha portato alla sconfitta contro l’Uruguay.

Forse Donnie Darko direbbe che la mia analisi è troppo semplicistica, ma in questo mio genetliaco non ho potuto fare a meno di osservare come la paura possa compromettere due anni di preparazione ad un mondiale e come il fare leva sulla paura attiri tante persone ad una festa.

Image credits: Djelem Djelem.

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