Perché la tua vita non ha successo

Prendo spunto dalla notizia del giorno: Google ha esteso le sue policy Adsense per escludere gli spazi pubblicitari degli editori di notizie infondate e Claudio Messora ha reso noto di aver subito questa esclusione. Ora, le cose stanno così: Google è un’azienda privata e a suo insindacabile giudizio può decidere di non acquistare certi spazi pubblicitari.

Una persona normale se ne farebbe una ragione e andrebbe a cercare altri concessionari di pubblicità. D’altronde i siti per adulti non possono monetizzare con Adsense, eppure riescono a sopravvivere. Ma per Messora e i suoi fan si tratta di un attacco contro la libera informazione, e Google sarebbe solo l’esecutore materiale del solito piano orchestrato dai soliti malvagi.

A questo punto emerge il pattern: non posso avere quello che voglio? C’è qualcuno che trama contro di me. Questa è l’attitudine di Messora, ed è questo che vogliono sentirsi dire tutti quelli che lo seguono: “hai fallito perché qualcuno non vuole che tu abbia successo”.

Questo è un atteggiamento estremo di fronte ad una domanda esistenziale: siamo padroni del nostro destino? Ecco, per qualcuno il nostro destino è nelle mani del Bilderberg, quindi non vale la pena di sforzarsi tanto. Ma come fanno poche decine di persone a controllarne 7 miliardi? Con doti sovrumane come quelle dei rettiliani oppure rendendo “manipolabili” le persone con i vaccini e/o le scie chimiche.

E’ incredibile quanto sforzo di immaginazione produce la mente umana pur di non accettare l’idea del fallimento. Non è meno ardita l’idea opposta: credendo in sé stessi si può avere qualsiasi cosa uno desideri. Questa magari è la via di fuga di chi preferisce non provare rancore nei profondi del prossimo.

Io credo che le cose stiano più o meno così: ognuno di noi ha un certo livello di successo che può ricevere nella vita, a seconda del luogo e dell’epoca in cui è nato. Il metodo è semplice: qualcosa non funziona? Faccio un cambiamento e vedo se funziona meglio o peggio.

Da bambino avevo un joystick per giocare con l’Amiga, e questo joystick un giorno smise di funzionare. Lo smontai, e premendo l’unico pulsante di fuoco mi resi conto che quella pressione spingeva un componente verso una lamella di metallo, ma senza toccarlo. Intuì che probabilmente per funzionare avrei dovuto piegare quella lamella in direzione di quel componente. E così tornai a giocare felice.

Questa è l’attitudine che conservo ancora, a quasi 35 anni, solo che ora i miei “esperimenti” li faccio con i server web, e sono pagato per farlo. Ma se facessi il medico, il metodo non cambierebbe, sarebbe sempre quello scientifico. Solo che io quando sbaglio ad applicare il metodo scientifico, creo un piccolo disservizio su un sito o sulla posta.

Cosa succede invece quando ci si rifiuta di applicare la teoria e il metodo scientifico in medicina, ritenendo che le buone intenzioni siano sufficienti? Guardate il video dei The Pills, così almeno fate due risate.

 

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