Il campo della felicità

A volte mi chiedo se io forse ami troppo lo sport. Me lo sto chiedendo soprattutto in questa estate del 2019, estate in cui mi sono iscritto a 2 tornei di calciotto, 2 tornei di pallavolo e un torneo di calcetto. Le inevitabili sovrapposizioni mi hanno portato a pianificare addirittura fughe da un campo all’altro, fino a sentirmi completamente svuotato. I risultati sono stati discreti: due medaglie d’argento nei tornei di pallavolo (Schieti, “Amici di Enrico“) e un riconoscimento individuale di miglior gol nel torneo di calcetto (sempre organizzato da Amici di Enrico).

Il “miglior gol” è stato qualcosa di catartico, un atto istintivo che a me personalmente ricorda l’acrobazia di Djorkaeff contro la Roma. Chiaramente l’altezza alla quale ho colpito il pallone e la potenza non sono lontanamente paragonabili, ma dopo giorni incontro ancora qualcuno che mi chiede di raccontarglielo. Peccato che non sia servito a vincere la partita.

I tornei di calciotto invece hanno visto l’eliminazione della mia squadra al primo turno, ma mi sono serviti a capire definitivamente che il mio ruolo in un campo grande non è il portiere ma il trequartista: adoro il fatto di poter scegliere in base all’inerzia della partita se dare una mano in attacco, in fascia o a centrocampo, creando continuamente una nuova linea di passaggio per la mia squadra oppure andando a tagliare quelle degli avversari. E poi fra le mie poche qualità ho quella della finalizzazione.

Ora che tutti questi tornei sono terminati mi sento triste, e ritrovo belle sensazioni solo andando a correre. Peccato però che il fisico non mi regga. Ho un ginocchio e un piede infiammati, adesso capisco tutti quelli che dicevano che se il sovrappeso non viene eliminato entro i 30 anni poi rischia di diventare cronico: nel momento che i dolori se ne vanno ho già ripreso il grasso che ho perso. Sì, dovrei stare attento con l’alimentazione, ma io non riesco a immaginare un’estate senza pizza, birra e gelati.

A pensarci bene però mi viene in mente che per troppo tempo nella mia vita la felicità è dipesa dal cibo (o meglio, dalle “gozzitudini”, come diceva il mio povero babbo) e dal sentirmi apprezzato dagli altri. Il bello dello sport è che alla fine si creano le occasioni per essere apprezzato dagli altri e per mangiare insieme, preservando però la salute fisica e mentale. Quindi direi che se è amore è ben ricambiato.

P.S. in teoria avrei dovuto partecipare anche ad un torneo di tennis, ma poi il numero di iscritti è stato ridotto. Qui c’è un altro discorso da fare: essendo uno sport individuale emergono tutte le mie insicurezze, nel senso che ritenendomi scarso ho il timore che chi perda con me ci soffra troppo. Qualcosa su cui dovrò lavorare.

Image credits: DailyMotion

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