Imparare a giudicare bene le persone

Uno dei segni fondamentali del passaggio dall’adolescenza all’età adulta è la capacità di accettare serenamente il giudizio degli altri e il non sentire l’esigenza di dover esprimere continuamente il proprio. La ribellione e l’anticonformismo vanno bene fino a quando non si prova il bisogno di stabilità nella professione e negli affetti: un datore di lavoro e un partner prima di impegnarsi con noi ci giudicano; anzi, continuano a farlo negli anni. Purtroppo la ricerca di un partner stabile dipende dall’aver trovato un lavoro stabile, cosa che si sta rivelando via via sempre più difficile; d’altro canto i social permettono di giudicare tutti senza esporsi al giudizio degli altri, ragion per cui il suddetto passaggio alla fase adulta della vita sta slittando sempre più avanti.

Ma come è possibile ottenere un giudizio veritiero su di una persona, nel caso fossimo noi a dover valutare una proposta lavorativa o… affettiva? Di solito chiediamo agli amici, ma se gli amici più o meno hanno condiviso il nostro stesso percorso di vita nella fase adolescenziale difficilmente possono saperne più di noi. Io ho un mio criterio che ho mutuato dal Talmud, e si basa su tre parole che in ebraico sono consonanti: kīs, kōska‘as.

  1. Kīs, ovvero la tasca: una persona tira fuori i soldi dalle tasche solamente quando sente il bisogno di colmare altri vuoti. Pensate a chi compra grandi televisioni e grandi automobili solo per impressionare i propri parenti e vicini, magari risparmiando sul cibo.
  2. Kōs, ovvero il bicchiere: qui ci si arriva anche con la tradizione latina, non serve scomodare i rabbini. In vino veritas: una persona dopo qualche bicchiere di vino è costretta a tirare fuori la propria vera natura, e le persone migliori sono quelle che mantengono lo stesso carattere anche quando non sono più sobrie.
  3. Ka‘as, ovvero l’ira. Che cosa fa “scattare” quella persona? Pure Gesù Cristo perse la pazienza con i mercanti del tempio e con i farisei, i quali non a caso sfruttavano la loro posizione per giudicare senza essere giudicati. Ognuno di noi ad un certo punto decide di scatenare la propria ira verso qualcosa o qualcuno.

Se ci fate caso, sia tasca che bicchiere sono contenitori, e anche nel caso dell’ira possiamo immaginarci un contenitore di questo sentimento all’interno di noi: non a caso si dice “riversare” la propria ira. Noi non possiamo liberarci di questo contenitore, possiamo solo gestirne lo svuotamento. Inoltre l’ira ha un effetto domino: quando si ribalta il contenitore di una persona c’è da aspettarsi che si ribalti anche quella del suo prossimo; un meccanismo che i politici sui social cercano di innescare continuamente. Le aziende sui social invece sono interessate ad un altro dei nostri contenitori, quello dei soldi. Il tutto spiega perché molte persone di fronte a tutte queste pressioni si rifugino nell’unico contenitore rimasto libero: il bicchiere.

Persone foto creata da freepik – it.freepik.com

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